La tecnologia Varioskan e le sue applicazioni nella ricerca

Cosa è cambiato nel fare ricerca con questa nuova tenologia

Hanno contribuito all’acquisizione della tecnologia Varioskan al Centro Dino Ferrari – Policlinico di Milano anche i fondi ricevuti grazie alla campagna IlMioDono Unicredit 2017-2018.

Il Varioskan è un lettore di micropiastre. Garantisce due grandi vantaggi rispetto agli strumenti che avevamo in precedenza: versatilità e sensibilità. E’ in grado di leggere tutto lo spettro delle radiazioni luminose che sono il modo in cui riusciamo a quantificare e a dosare delle sostanze all’interno delle cellule o all’interno dei tessuti.

Concretamente questo strumento può essere usato per dosare molte sostanze e può essere d’aiuto sia a livello diagnostico, cioè ci aiuta ad identificare la malattia del paziente, sia per verificare l’efficacia di terapie sperimentali in studi preclinici. In questo caso verifichiamo attraverso questo strumento se quel biomarcatore, alterato nel paziente, viene ripristinato, cioè ritorna ai livelli presenti nei soggetti sani. Questo consente di validare l’uso di certe sostanze come biomarcatori di una patologia e quantificarne i livelli per seguire la progressione della malattia o, qualora si rendessero disponibili terapie, seguirne la regressione.

Relativamente alla diagnosi, il nostro centro si occupa della definizione dinumerose malattie genetiche comprese le cosiddette malattie da accumulo lisosomiale in cui la riduzione dell’attività di alcuni enzimi porta ad un accumulo di alcune sostanze che finiscono per compromettere l’attività del tessuto muscolare e dei neuroni. Anche se sempre più spesso ci si affida allo studio del DNA, la conferma biochimica delle mutazioni trovate è fondamentale e questo strumento consente di dosare i livelli residui dell’attività di questi enzimi. Questo dosaggio può essere fatto su differenti tessuti dei pazienti: alcuni sono facilmente accessibili come i linfociti del sangue, altri ottenuti mediante procedure un po’ più invasive come la biopsia cutanea o muscolare. Noi svolgiamo queste analisi in patologie come la malattia di Gaucher e la Glicogenosi di tipo II (nota anche come malattia di Pompe), ma questo approccio è applicabile a tutto lo spettro delle malattie lisosomiali. Fare una diagnosi precoce in molte di queste malattie vuol dire consentire al paziente di accedere in tempi rapidi ad una terapia.

Per quanto riguarda la prognosi, alcune sostanze consentono di monitorare la malattia del paziente. Possiamo valutare la quantità di alcune proteine presenti nel siero o nel liquido cefalorachidiano dei pazienti e che sono state associate a degenerazione dei neuroni. Oggi sappiamo che alcune sostanze rilasciate dai neuroni che muoiono si accumulano nei pazienti affetti da malattie neurodegenerative come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA). Identificare precocemente queste sostenze può migliorare la diagnosi ma anche dirci come evolve la malattia e questo si rivela utilissimo per molte malattie neurodegenerative in cui finora non erano disponibili marcatori alternativi. La replica di queste osservazioni e l’approfondimento del ruolo di queste proteine che stiamo eseguendo presso il nostro Centro ci diranno quanto questi biomarcatori sono predittivi e se possono essere usati come strumento per verificare l’efficacia delle terapie che si renderanno disponibili nei prossimi anni.

La terza “missione” di questo stumento è aiutarci a capire se le nuove strategie terapeutiche che stiamo esplorando su modelli cellulari generati dai pazienti funzionano oppure no. Per esempio, nel campo delle malattie lisosomiali, la terapia attuale di rifierimento è la somministrazione dall’esterno dell’enzima mancante che viene prodotto mediante tecniche di ingegneria genetica Noi stiamo perseguendo strade alterative che si basano sull’utilizzo di piccole molecole farmacologiche o brevi sequenze di DNA per promuovere l’attività residua dell’enzima disponibile nel paziente. A questo scopo trattiamo le cellule dei pazienti e verifichiamo se l’agente terapeutico in esame è in grado di migliorare l’attività biochimica dell’enzima mutato. Questo risultato, nell’ambito delle malattie neuromuscolari, è il primo passo per arrivare a studi preclinici su modelli animali e, in un percorso lungo e compresso, negli studi sull’uomo.

Oltre alla versatilità, Varioskan migliora la sensibilità e la rapidità con cui possiamo effettuare queste misurazioni. Sensibilità perché lavora su piccole quantità di tessuto, ciò ci consente di risparmiare tessuto, e, quindi, con la stessa quantità con cui prima riuscivamo ad analizzare una sostanza ora possiamo analizzarne molte. L’altro vantaggio, apparentemente banale, è la rapidità della lettura. Gli strumenti che avevamo prima erano a “singola cuvetta”, e ogni campioneveniva analizzato in sequenza, allungando i tempi dell’esperimento e impedendo il dosaggio di sostanze con una bassa emivita. Lo strumento Varioskan, invece, lavora su micropiastre che carichiamo con strumenti semi-automatici e analizziamo simultaneamente ottenendo delle letture in tempo reale. Ciò che prima facevamo in un paio d’ore, oggi può essere svolto in pochi minuti. Nella routine quotidiana vuol dire fare più cose, farle meglio e aumentare il numero di replicati di un paziente e quindi ottenere dati più sicuri e attendibili. Al risparmio di tempo si somma anche quello dei reagenti impiegati per queste analisi con un aumento dell’efficienza.

L’inclusione dei pazienti in trial per verificare l’efficacia di nuove terapie oggi richiede una precisa diagnosi genetica e biochimica che accerti in modo sicuro il tipo e il sottotipo della malattia in esame. L’uso del Varioskan ci permette di confermare la patogenicità delle mutazioni del DNA che identifichiamo con i sequenziatori di nuova generazione.

Siamo entrati nell’era della medicina molecolare. Per alcune malattie, ad esempio la SMA, le terapie oggi arrivate in clinica sono state sviluppate sulla base della conoscenza dei meccanismi molecolare della malattia.

Per altre patologie esistono terapie sviluppate su specifici difetti molecolari che possono essere diversi da paziente a paziente. A questo punto la centralità della diagnosi biochimica e della diagnosi genetica per determinare se una terapia è efficace è fondamentale perché capire il difetto biochimico e la mutazione del DNA che la causano ci può dire se quel paziente risponderà in modo efficace ad una terapia.

a cura del Dott. Dario Ronchi

Laboratorio di biochimica e genetica

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