Le grandi sfide in corso su SMA e SMARD1

Intervista

Monica Nizzardo, lavora al policlinico da 12 anni. Ha fatto qui il mio dottorato di ricerca in medicina molecolare traslazionale e poi ha continuato il suo percorso di ricerca.

 

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Come hai conosciuto il centro?

E’ stato un po’ per caso. Durante i miei studi uno dei miei colleghi era un coinquilino di un medico, una neurologa, del Centro. Da lì ho avuto il contatto per un colloquio. Sono stata sempre interessata alla ricerca sulle cellule staminali. Sapere che esistesse un centro con un laboratorio che si occupasse di cellule staminali, in particolare per le malattie neurodegenerative, mi interessava molto. Da qui è partita la mia storia al policlinico.

Qual è il tuo ambito di specializzazione all’interno del centro?

Io faccio ricerca a tempo pieno, solo ricerca e non diagnostica. Il campo principale del nostro gruppo riguarda le malattie del motoneurone, ovvero malattie in cui degenera appunto il motoneurone che è quella cellula che mette in comunicazione il cervello con i muscoli. Quando il segnale dal cervello non viene più trasmesso, gradualmente la muscolatura perde la sua funzionalità fino ad arrivare alla perdita di funzione della muscolatura respiratoria e quindi a morte. Le malattie del motoneurone sono la Sclerosi Laterale Amiotrofica (o SLA) che ha esordio in età adulta, l’Atrofia Muscolare Spinale (SMA) che ha esordio in età infantile e l’Atrofia Muscolare Spinale con Distress Respiratorio di tipo 1 (SMARD1) che è un sottotipo di SMA. Sono tutte patologie fatali.

La nostra attivita’ di ricerca si muove su due fronti. Da una parte cerchiamo di capire la patogenesi (cause) della malattia, ovvero cosa porta alla morte del motoneurone e ai conseguenti aspetti clinici. Sono malattie rare e complesse e ancora non si conoscono le cause. Dall’altra ci muoviamo per cercare una cura. Per fare questo utilizziamo principalmente le cellule staminali “pluripotenti indotte” che sono cellule derivate da cellule del paziente stesso. Siamo in grado di riprogrammare ad uno stadio staminale le cellule adulte come i fibroblasti della cute o le cellule del sangue. Il vantaggio di avere le cellule staminali sta nel fatto che esse si moltiplicano per tanto tempo. Possiamo, così, avere a disposizione una elevata quantità di materiale da differenziare in tanti tipi di cellule, nel nostro caso in motoneuroni.

Inoltre utilizzando questo tipo di cellule staminali, possiamo per la prima volta ottenere il tipo cellulare affetto, nel nostro caso il motoneurone. Altrimenti sarebbe infatti impossibile avere dei motoneuroni da pazienti in vita su cui effettuare degli studi.

Il processo di lavoro può essere sintetizzato così: preleviamo le cellule dal paziente con un semplice prelievo di cute o di sangue, le riprogrammiamo generando cellule staminali e le differenziamo in motoneuroni che studiamo per capire cosa hanno di diverso rispetto ai motoneuroni sani. Poi procediamo testando trattamenti terapeutici e osservando se il motoneurone malato torna ad avere le stesse caratteristiche della cellula sana perdendo quelle di cellula malata. In questo modo possiamo capire se il trattamento ha effetto o meno.

Questo procedimento avviene sia in vitro che in vivo. Abbiamo infatti modelli in vivo di queste patologie. Prima testiamo sulle cellule il trattamento, poi, se verifichiamo qualcosa di positivo, passiamo al modello pre-clinico.

Quante persone lavorano in questo campo e quali competenze?

Noi siamo il gruppo che fa capo alla Prof.ssa Stefania Corti e siamo in 7 persone, più in media 3 o 4 studenti che si alternano, sia di medicina che di biotecnologie. Come figure professionali abbiamo ricercatori senior con già il titolo di Dottorato, studenti di Dottorato, e laureandi.

L’oggetto della nostra ricerca sono appunto la SLA, la SMA e la SMARD1. Quest’ultima è la più rara. Pochi sono i gruppi che la studiano e ancora non si conoscono le cause né sono stati identificati possibili trattamenti. Per la SMA invece, siamo in un periodo storico molto importante. Sappiamo che c’è un gene responsabile della malattia, anche se non sappiamo con chiarezza come questo porti alla morte del motoneurone. Ma grazie agli studi e alle nuove tecnologie sviluppati negli ultimi anni, AIFA ed EMA, i due enti che si occupano dell’approvazione dei farmaci per le patologie a livello nazionale ed europeo, stanno approvando per la prima volta alcuni farmaci promettenti accessibili a tutti i bambini SMA.

Per quanto riguarda invece la SLA si lavora molto di più sulle cause, raggiungendo piccoli risultati per volta, ma sui trattamenti siamo ancora lontani dall’avere una terapia risolutiva.

Secondo lei quanto è importante la collaborazione con altri centri?

E’ una cosa importantissima che in Italia non è molto sviluppata. La ricerca in generale avanza basandosi sul lavoro non del singolo gruppo ma sull’unione del lavoro di team internazionali. Di fronte a patologie complesse come quelle del motoneurone, si prende spunto da quanto già presente in letteratura e da lì si parte per aggiungere un pezzettino alla conoscenza delle cause e allo sviluppo di nuove strategie terapeutiche. Quindi è importantissimo poter confrontarsi con altri gruppi, scambiare le idee e soprattutto scambiare le expertise di ciascuno. Mettendo insieme le varie expertise arriviamo molto più lontano.

Quali sono i progetti di ricerca su cui stai lavorando in maniera forte in questo momento

All’interno del nostro gruppo, io mi occupo più di SMARD1 e SMA.

In particolare ho in corso un progetto finanziato da CARIPLO per studiare la patogenesi della SMARD1. Questa malattia è causata da una mutazione in un particolare gene che esprime una specifica proteina. Questa proteina è presente in tutti i tessuti cellulari e organi, però solo i motoneuroni degenerano. Quindi cerchiamo di capire se nei motoneuroni la proteina abbia funzioni specifiche, in particolare andiamo a studiare il processamento dell’RNA e l’accumulo di qualche RNA “sbagliato” che possa causare tossicità e di conseguenza la morte del motoneurone. È un progetto che non ha solo l’obiettivo di studiare le cause, infatti trovando dei target specifici responsabili della patologia, possiamo poi testare delle terapie specifiche per questi target.

Abbiamo inoltre già dimostrato, nel modello in vivo, ossia nel modello murino affetto da questa patologia, che introducendo il gene “sano” abbiamo il recupero completo della patologia. Quello che cerchiamo di fare ora è traslare ciò che abbiamo sperimentato e dimostrato a livello preclinico sull’uomo. La strada è molto lunga e necessita di molti finanziamenti per step, perché c’è tutta una parte di ricerca preclinica da portare a termine prima di accedere alla fase clinica. Su questo progetto abbiamo collaborazioni anche con gruppi di ricerca americani che hanno gia’ testato questo tipo di strategia terapeutica per la SMA con eccellenti risultati.

Un altro progetto di cui sono responsabile, finanziato da Telethon, riguarda la SMA. In questo caso si tratta di uno studio più applicativo: cerchiamo di migliorare una strategia terapeutica, gli oligonucleotidi antisenso, che sappiamo già essere funzionante nel modello animale e anche nell’uomo. I limiti di questa terapia stanno nel fatto che se non viene somministrata immediatamente, ossia al momento della diagnosi, non ha molto effetto perché c’è un problema di distribuzione del farmaco e somministrazione. Nel nostro progetto cerchiamo di agire migliorando appunto questi aspetti.

 

Monica Nizzardo, ricercatrice – Centro Dino Ferrari

21 Giugno 2017

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